Giuseppe Pellizza da Volpedo

GIUSEPPE PELLIZZA DA VOLPEDO (Volpedo 1868-1907) famoso pittore vissuto a cavallo tra ‘800 e ‘900, nacque e trascorse la sua vita nella campagna alessandrina, lontano dalla vita e dai fervori delle capitali europee. Si formò all’Accademia di Brera, con Francesco Hayez e Giuseppe Bertini, e successivamente anche presso l’Accademia di San Luca e quella di Francia. Compì numerosi viaggi che gli permisero comunque di avere contatti e scambi con i maggiori centri, specie italiani, dove partecipò alle maggiori rassegne espositive. La sua produzione fu sempre caratterizzata da un profondo impegno critico che, combinato alla tecnica divisionista usata nell’interpretazione simbolica dela natura e della vita, gli permisero di raggiungere notevoli risultati anche a livello internazionale. L’opera più famosa di Pellizza da Volpedo, per il grande impegno sociale – rappresenta infatti una vera allegoria del mondo del lavoro subordinato e le battaglie politico-sindacali- è indubbiamente Il Quarto Stato, realizzato nel 1903, alla cui realizzazione l’artista dedicò dieci anni. Nel 1907 l’improvvisa morte della moglie gettò Pellizza in uno stato depressivo al punto che nello stesso anno si impiccò nel suo studio.

Francesca Tuscano

FRANCESCA TUSCANO è insegnante di russo e di italiano, archivista, traduttrice e burattinaia. I suoi interessi vertono sulla musica russa e italiana, sul teatro del Novecento, sulla traduzione dal russo ed i rapporti tra cultura e letteratura italiana e quella russa. Ha scritto inoltre libretti per opere come Incontro, La canzone del re, e Parole e morte, una raccolta di poesie, M.Y.T.O., scritta con Damiano Frascarelli. Per il teatro ha scritto il pezzo Come si usano gli articoli (2005) con Daniela Margheriti, e La notte di Margot (2007). Alcune sue poesie sono state pubblicate in Terra e scrittura. Voci dalla cultura calabrese (2003) e Oro in tavola. Conversazioni e ricette sull’olio, di Grazia Furferi (2003). Ha tradotto e curato La fine del cinema? di Roman Jakobson (2009). Per Ilisso ha scritto la prefazione dei volumi Capitan Bavastro (2006), e Vita di Stefano (2006).

Tommaso Campanella

TOMMASO CAMPANELLA (Stilo 1568 – Parigi 1639), di umili origini, sin da ragazzo rivela un amore smisurato per la conoscenza ed eccezionali doti intellettuali. Accostatosi alla filosofia naturalistica di Telesio e all’astronomia copernicana, è sospettato di eresia e incarcerato una prima volta a Napoli, nel 1592, una seconda volta a Roma, tra il 1593 e il 1595. Dopo due anni di prigionia torna in Calabria, dove è tra i fautori di una congiura antispagnola, ma viene tradito e arrestato. Durante l’istruttoria si finge pazzo, strategia che gli salva la vita ma non gli evita la condanna al carcere perpetuo (1602). Rimane recluso per ventisette anni, periodo a cui risalgono le opere più note, tra cui Del senso delle cose e della magia, Metafisica, La Città del Sole, Poesie. Nel 1626, grazie all’influenza di Urbano VIII, riacquista la libertà e si reca a Roma. L’inquisizione spagnola continua a perseguitarlo e nel 1634, per evitare un nuovo probabile arresto, parte per Parigi, dove trascorre gli ultimi anni della sua vita.