Giuseppe Biasi

GIUSEPPE BIASI (Sassari 1885-Andorno Micca 1945) è stato una delle figure più importanti della pittura sarda del XX secolo. Fu autodidatta e iniziò a soli sedici anni a pubblicare come illustratore prima nei fogli umoristici sassaresi, poi dal 1904, durante un periodo a Roma, come collaboratore de “L’Avanti della domenica” e “L’Italie”. Tornato in Sardegna si dedicò agli studi in legge e inaugurò la sua prima mostra personale. Tra il 1906 e il 1910 lavorò per il “Giornalino della Domenica” e altre riviste, e partecipò alla Biennale di Venezia nel 1909. Divenne in quegli anni fulcro del “Cenacolo” sassarese di artisti e intellettuali e cominciò a farsi conoscere sulla scena nazionale, grazie anche alla partecipazione alla I e alla II Secessione romana. Nel 1915 fu chiamato alle armi, ma l’anno successivo, a causa di una ferita, rimpatriò e si trasferì a Milano dove riscosse un certo successo nell’ambiente artistico anche grazie a una pittura che si fece sempre più poetica e innovatrice. Il 1920 fu l’anno in cui Biasi ottenne il premio dell’Opera Nazionale Combattenti alla Biennale di Venezia e tra il 1924 e il 1926 soggiornò in Tripolitania, Cirenaica ed Egitto. Nel 1927 fece ritorno in patria e continuò ad esporre. Nei primi anni ’30 pubblicò due coraggiosi pamphlet contro il sistema dell’arte italiano e lavorò alla Villa Argentina di Viareggio e alla Stazione Ferroviaria di Tempio. All’inizio del decennio successivo la sua arte si spostò verso esiti realistici e, pressato dalle difficoltà economiche e dalla guerra, nel 1942 si trasferì a Biella dove riscosse un certo successo nel 1944 con la sua ultima personale. L’anno seguente, nel 1945, fu accusato di spionaggio, e arrestato, e durante il trasferimento da un carcere all’altro rimase ucciso.

Salvatore Mannuzzu

SALVATORE MANNUZZU nato nel 1930 a Pitigliano (Grosseto) da famiglia sarda, è stato magistrato dal 1955 al 1976; poi deputato, eletto come indipendente nelle liste del PCI, per tre legislature. Quindi si è dedicato alla scrittura, dando corpo alla vocazione di sempre: come dimostra Un Dodge a fari spenti, romanzo d’esordio, pubblicato sotto pseudonimo da Rizzoli nel 1962 (e ripubblicato col nome dell’autore, e in nuova veste, dalla Ilisso, nel 2002). Procedura (1988), insignito del premio Viareggio, rivelava Mannuzzu al grande pubblico. Sono seguiti altri cinque romanzi, editi come il precedente da Einaudi: Un morso di formica (1989); Le ceneri del Montiferro (1994); Il terzo suono (1995); Il catalogo (2000); Alice (2001). Ha pubblicato anche, sempre con Einaudi, una raccolta di racconti, La figlia perduta (1992), e una di poesie, Corpus (1997); ha scritto una storia per bambini (Il famoso Natalino, Laterza, 1998) e un saggio di politica del diritto (Il fantasma della giustizia, Il Mulino, 1998). Ha vinto numerosi e importanti premi letterari ed è stato tradotto in diverse lingue.

Giuseppe Fiori

GIUSEPPE FIORI è nato a Silanus nel 1923 ed è morto a Roma nel 2003. Laureato in Giurisprudenza ha intrapreso la carriera giornalistica, lavorando prima al quotidiano cagliaritano L’Unione Sarda e poi alla RAI. È stato inoltre direttore di Paese Sera e senatore della Sinistra Indipendente per tre legislature. È autore di volumi di successo. All’inchiesta sui pescatori di Cabras Baroni in laguna (1961) fece seguito quella sul mondo pastorale La società del malessere (1968) da cui venne tratto il film Barbagia di Carlo Lizzani. Nel 1960 pubblicò il romanzo Sonetàula. Ma, soprattutto, sono memorabili di Fiori le biografie politiche: alla più celebre Vita di Antonio Gramsci, del 1966, fanno seguito, per citare le più note, quelle sull’anarchico Michele Schirru (1983), su Emilio Lussu (1987), su Enrico Berlinguer (1989).