Hector Nava

HECTOR NAVA (Buenos Aires 1873 – Roma 1940) pittore argentino, di origine italiana, si trasferì a Roma nei primi del ‘900 e viaggiò per l’Europa, in particolare in Francia, e per l’Argentina, partecipando a numerose mostre. Il successo arrivò nel 1915 quando in occasione di un’esposizione a Buenos Aires ottenne il riconoscimento di critica e della stampa per i suoi paesaggi. La fama acquisita gli permise di insegnare presso l’Academia Nacional de Belles Artes de Buenos Aires, dove rimase fino al 1917. Tornato in Europa nel 1920 fu inaugurata una sua mostra personale a Roma, presso la Galleria Bragaglia, che era solita ospitare grandi artisti, fra i quali Balla, De Chirico, Sironi, Klimt, Evola e Schiele. Tra il 1920 e il 1923 Nava soggiornò in Sardegna dove riprodusse diversi paesaggi sia dell’interno che della costa, realizzando circa una cinquantina di opere, e dove probabilmente entrò in contatto con i maestri Antonio Ballero e Giuseppe Biasi. Gli anni successivi riprese a viaggiare per l’Europa in compagnia della moglie e dopo un periodo di interruzione dell’attività riprese ad esporre in Argentina all’inizio degli anni ’30. Le sue ultime opere furono caratterizzate da temi legati per lo più alle città e ai porti. Morì a Roma nel 1940.

Mino Maccari

MINO MACCARI (Siena 1898 – Roma 1989) fu pittore, incisore, scrittore e giornalista. Figlio di una famiglia della borghesia senese, iniziò presto a disegnare. A diciannove anni partecipò alla prima guerra mondiale e nel 1920 si laureò in Giurisprudenza, continuando a dedicarsi alla pittura, la quale si caratterizzava per vivacità e toni polemici e beffardi. Dal 1924 si avvicinò al mondo giornalistico, per il quale abbandonò la carriera forense, assumendo dal 1926 la direzione della rivista “Selvaggio” che puntò sempre di più sul terreno culturale, l’arte e la satira. A metà degli anni ’20 si trasferì a Firenze dove entrò in contatto con vari intellettuali e si fece conoscere al grande pubblico partecipando a varie mostre nazionali. Durante gli anni ’30 collaborò con diverse riviste, si dedicò alla produzione grafica e nella pittura il suo stile si fece più accentuato cromaticamente e subì l’influenza dell’incisione nel tratto. Nel secondo dopo guerra continuò a produrre e ricevere riconoscimenti per il suo lavoro prolifico ed originale e presentò delle mostre personali. Nel 1962 gli fu affidata la presidenza dell’Accademia di San Luca a Roma ed ottenne una personale a New York. Nel 1989 morì a Roma.

Umberto Boccioni

UMBERTO BOCCIONI (Reggio Calabria 1882 – Chievo 1916) pittore e scultore, fu uno dei principali esponenti del Futurismo. Trascorse la sua infanzia in diverse città italiane a causa degli spostamenti cui era costretto il padre per motivi di lavoro. A Catania ottenne il diploma tecnico e a cavallo tra ‘800 e ‘900 iniziò a collaborare con alcuni giornali locali e a scrivere il suo primo romanzo Pene dell’anima. Nel 1901 si trasferì a Roma dove apprese i primi rudimenti di pittura e conobbe Severini, Balla e Sironi, con i quali strinse una duratura amicizia. Nel 1907, dopo un viaggio all’estero, si iscrisse al Regio Istituto di Belle Arti di Venezia e iniziò le prime esperienze di incisione. Lo stesso a Milano divenne amico di Romolo Romani e Previati e divenne socio della Permanente. Nel 1910 incontrò il gruppo dei divisionisti e scrisse con altri esponenti il Manifesto dei pittori futuristi. Le sue opere, pittoriche e scultoree seppero sempre esprimere efficacemente concretezza della materia e l’idea dello spostamento nello spazio. Nel 1915 partecipò alla prima guerra mondiale come volontario e l’anno successivo morì cadendo da cavallo a Chievo, dove oggi si trova la sua lapide commemorativa.

Giuseppina e Albina Coroneo

GIUSEPPINA E ALBINA CORONEO nel 1896 nacque Giuseppina e due anni dopo, nel 1898, la sorella Albina nel centro di Cagliari. Giuseppina ottenne un diploma tecnico, mentre Albina prese il diploma magistrale. Albina iniziò ad interessarsi a figurini di moda, eseguendo degli acquerelli per la rivista “Mani di fata” e Giuseppina si dedicò ad illustrazioni e collage accompagnando articoli e novelle in alcune riviste. Nel 1929 esposero per la prima volta pupazzi e collage in panno e ricami alla I Mostra dell’Artigianato Sardo e l’anno successivo alla II Mostra Regionale. Negli anni ‘30 parteciparono a diverse esposizioni: alla Fiera della Bambola in costume sardo e alla Mostra Internazionale del Giocattolo di Parigi, alla Mostra Mercato Nazionale dell’Artigianato a Firenze. Nel 1940 i loro pupazzi in stoffa furono esposti alla Triennale di Milano, nella sezione curata da Ubaldo Badas per la Sardegna, per i quali ricevettero elogi anche dalla stampa nazionale. A causa della guerra nel 1943 furono costrette a sfollare da Cagliari. Tra la fine degli anni ’40 e gli anni ’50 furono apprezzate e segnalate da Eugenio Tavolara, incaricato dal Comune di Sassari di segnalare gli artigiani sardi più meritevoli di partecipare alla Fiera di Milano e alla Mostra del Centenario di Torino. Gli anni del dopoguerra influenzarono fortemente la loro produzione, segnando una forte cesura nella vita e nell’arte delle sorelle. Pur non partecipando nel 1957 alla mostra dell’ISOLA le loro opere furono prese come riferimento nel settore dell’artigianato tessile. Negli anni ’60 aprirono un negozio nel corso Vittorio Emanuele. Nel 1978 morì Giuseppina e nel 1994 la sorella Albina.

Mario De Biasi

MARIO DE BIASI (Sois 1923 – Milano 2013) conosciuto fotoreporter, ha trascorso la giovinezza a Belluno e poi si è trasferito a Milano. La sua carriera è iniziata nel 1953 quando ha iniziato a collaborare con la rivista “Epoca”, fino agli anni ’80. Per la rivista per cui ha lavorato ha realizzato numerosi reportages in diversi paesi del mondo e tra i più rappresentativi possiamo ricordare quello sulla rivolta in Ungheria del 1956, immagini risalenti alla New York degli anni ’50 o ancora ritratti di personaggi famosi come Marlene Dietrich, Brigitte Bardot e Sofia Loren. Tra le sue mostre fotografiche più famose possiamo spicca “The Italian Metamorphosis, 1943-1968” della quale fa parte l’immagine Gli italiani si voltano esposta nel 1994 presso il Guggenheim di New York. La sua fotografia si è concentrata soprattutto su cinema, architettura e natura. Ha organizzato mostre e pubblicato diversi volumi per i quali ha ricevuto alcuni premi, come il premio Saint Vincent per il giornalismo nel 1982 e il titolo di Maestro della Fotografia Italiana nel 2003. Nel 2006 inoltre gli è stata conferita dal Comune di Milano l’onorificenza l’Ambrogino d’oro e l’anno successivo sono state esposte le sue opere presso il Centro Internazionale della Fotografia di Milano. La Ilisso nel 2002 ha dedicato al fotografo un volume dal titolo Mario De Biasi. Viaggio dentro l’isola.

Giuseppe Sciuti

GIUSEPPE SCIUTI (Zafferana Etnea 1834-Roma 1911) iniziò gli studi artistici molto presto, prima presso scuole di pittori e poi si recò a Roma e a Firenze, dove affinò la sua tecnica. Tuttavia, a causa delle difficoltà economiche in cui venne a trovarsi la famiglia, dovette interrompere gli studi e lavorare presso un decoratore. Negli stessi anni iniziò a dipingere alcune tra le sue prime opere più famose come L’eruzione dell’Etna (1852) e San Giuseppe col Bambino (1854). I suoi lavori furono apprezzati al punto che gli fu concessa una borsa di studio grazie alla quale riprese gli studi e ben presto i suoi dipinti acquistarono valore e rilievo nelle esposizioni d’arte e gli permisero di vincere dei premi cospicui. Viaggiò in Italia e in Europa, ricevendo l’apprezzamento dei migliori artisti e nel 1888 espose a Londra, presso il Palazzo di Cristallo. Nel 1896 tornò a Catania dove gli fu affidato il compito di affrescare la volta e la cupola della Basilica Collegiata e realizzò un gran numero di importanti opere, tra le quali possiamo ricordare la Madonna dei Bambini conservata presso la chiesa Sant’Agata la Vetere di Catania. Nel 1902 gli furono commissionati altri importanti lavori, ad Arcireale affrescò le volte del Palazzo Calanna, della Cappella dei baroni Pennisi di Floristella e della Cattedrale. Morì a Roma nel 1911.

Pietro Antonio Manca

PIETRO ANTONIO MANCA (Sorso 1892-Sassari 1975) di famiglia benestante, nel 1912 interruppe gli studi classici per partire volontario in Libia, dove, in qualità di ufficiale, fu decorato più volte. Negli anni ’20 si formò a Roma, Parma, Firenze, Milano e Venezia, frequentando musei, studiando il mondo classico ed accostandosi al pensiero di Arturo Onofri. Nel 1928 espose per la prima volta con successo alla I Biennale d’Arte Sarda di Sassari con l’opera Autoritratto. Tra il 1931 e il 1939 partecipò ad importanti manifestazioni: la I Quadriennale d’Arte Nazionale, alla XIX Esposizione Biennale Internazionale d’Arte di Venezia; alla XX Esposizione Biennale Internazionale d’Arte di Venezia; alle mostre interregionali di Napoli e Firenze e alla V Quadriennale d’Arte di Roma. Richiamato sotto le armi, fu assegnato nel 1941 al distretto militare di Nuoro, dove frequentò gli artisti nuoresi e dipinse le prime scene in costume. Partecipò in seguito a varie mostre regionali d’arte e, nel 1952, 1955 e 1958, alle Quadriennali di Roma. Nel 1955 scrisse il saggio Concezione immaginativa della pittura italiana in Sardegna. Nel 1972 si aggiudicò il premio di pittura Mario Sironi con un autoritratto. Manca si autodefiniva “pittore immaginativo”. L’intuizione fu la base teorica del suo credo figurativo, per cui solo l’artista è in possesso degli arcana per attingere il mistero e l’assoluto. Questa concezione lo portò alla frantumazione della forma e del colore, verso l’”informe” che doveva esprimere la compiuta conquista della visione mistica delle cose del mondoe spesso si pose in coraggiosa antitesi con il “folclorismo” in auge nei primi decenni del Novecento. Morì a Sassari, città dove aveva sempre vissuto, nel 1975.

Salvatore Fancello

SALVATORE FANCELLO (Dorgali 1916-Bregu Rapit 1941) penultimo di dodici figli, rivelò da giovanissimo le sue attitudini artistiche. Nel 1929, dopo il diploma, iniziò a lavorare presso un laboratorio di ceramiche a Dorgali e grazie a una borsa di studio l’anno successivo si iscrisse all’ISIA di Monza, frequentando con Giovanni Pintori e Costantino Nivola, e dove emerse subito per le sue indiscusse capacità. Le sue prime terrecotte risalgono al 1933 e l’anno seguente, dopo aver conseguito il diploma in ceramica seguì il biennio di perfezionamento, ottenendo il titolo di Maestro d’Arte. Nel 1936 espose alla VI Triennale di Milano dove gli fu assegnato il Gran premio e dove si trasferì e seguì i circoli di cultura razionalista. Nel 1937 lavorò a un bassorilievo per la Mostra Tessile di Roma, per la Olivetti e fu chiamato alle armi nel dicembre dello stesso anno. Durante la guerra lavorò a contatto con i futuristi Martini, Sassu e Fontana con il quale aveva lavorato qualche anno prima. Nel 1940, in licenza, riuscì a lavorare per la VII Triennale di Milano dove conseguì il diploma d’onore. Nello stesso periodo fu impegnato nel lavoro di decorazione di una sala dell’Università Bocconi, ciclo di mosaici di ceramica che però rimase incompleto. Fu infatti, l’anno successivo, richiamato alle armi e morì  Bregu Rapit in Albania nel 1941. Nel 1942 si rese omaggio alla scomparsa dell’artista alla Pinacoteca di Brera dove furono raccolte insieme le sue sculture, i disegni e le ceramiche. Nel 1947 gli fu conferita la medaglia d’ora al valore e nel 1962 le sue spoglie furono rimpatriate e tumulate nel camposanto di Dorgali.

Il Condaghe di San Pietro di Silki

Un interessante articolo, pubblicato su La Nuova Sardegna il 1° marzo 2014, sulla storia del Condaghe di San Pietro di Silki, ora riedito dalla Ilisso e arricchito da note di carattere esegetico, storico e linguistico, da un glossario, da indici di tipo toponomastico e onomastico e da due saggi, uno di carattere storico e l’altro filologico-linguistico.

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Melkiorre Melis

MELKIORRE MELIS (Bosa 1889-Roma 1982) quarto di otto fratelli e figlio d’arte, si formò con Emilio Scherer e nel 1909, grazie a un sussidio del Comune, si trasferì a Roma dove si iscrisse all’Accademia di Belle Arti. A seguito di un corso diretto da Cambellotti, realizzò le sue prime ceramiche sarde. Dopo aver esposto nel 1914 lasciò Roma per tornare a Bosa, dove strinse amicizia con Giuseppe Dessì. Il 1916 è l’anno della Prima Esposizione Artistica Sarda alla quale partecipa con L’ucciso. Nel 1920 assunse la direzione della “Rivista Sarda” e collaborò con “Il giornalino della domenica”. L’anno successivo gli fu commissionata la decorazione della Sala Sarda presso la Casa d’Arte Bragaglia di Roma e vinse il primo e secondo premio del Concorso nazionale per un cartello indetto dal quotidiano “Il Messaggero”. Nel 1923 allestì la sezione sarda alla I Biennale delle arti decorative di Monza, dove esposero molti noti artisti isolani, tra cui Francesco Ciusa. Nel 1930 partecipò alla XII Biennale di Venezia  e l’anno dopo alla Prima Quadriennale D’Arte Romana. Nel 1934 trasferitosi a Tripoli alla direzione della Scuola Musulmana di Mestieri ed Arti Indigene, propose una fusione di stili, realizzando vari pezzi per Bengasi e Tripoli. Nel 1948 fu nominato ispettore per la CNA (Confederazione Nazionali Artigiani ) delle attività artigiane ed industriali della ceramica in Roma. Presentandosi a Sassari nel 1951 ricevette il Premio della città per la pittura ed organizzò una mostra con opere aventi per soggetto la “caccia Nuragica”. Tra il 1952 e il 1965 insegnò presso la Scuola d’Arte di Roma. Dal 1966 dicise di dedicarsi esclusivamente alla pittura con soggetto sardo. Morì a Roma nel 1982.