Tarquinio Sini

TARQUINIO SINI (Sassari 1891-Cagliari 1943) fu illustratore, pubblicitario ed apprezzato caricaturista. Nato a Sassari si trasferì con la famiglia a Cagliari, dove entrò subito in contatto con gli artisti più importanti della città. Tra il 1909 e il 1913 partì a Torino per frequentare il Politecnico e realizzò le prime caricature esordendo sul giornale “Pasquino”. Le sue illustrazioni, dai colori accesi e dal segno vivace, incontrarono subito il favore del pubblico e cominciarono ad essere pubblicate nei più prestigiosi giornali satirici europei. Allo scoppio della guerra partì per Parigi, dove realizzò delle etichette, venne poi distaccato in Umbria, continuando sempre a lavorare come illustratore. Nel dopoguerra fu assunto a Roma dalla Cines e collaborò con diverse riviste cinematografiche. Negli anni ’20 fece ritorno a Cagliari, dove proseguì l’attività di cartellonista lavorando con Mediterranea. Tra il 1927 e il 1929 espose presso la Bottega d’Arte Cau e a Sassari, e il successo che ne derivò lo portò a realizzare numerose variazioni sul tema attraverso la moderna cartolina. Nel 1930 si trasferì a Milano, dove lavorò come illustratore per la Sonzogno e si dedicò alla cura di allestimenti negli ambiti più differenti. Nel 1939 allestì la grande mostra di Arti Popolari a Cagliari e cominciò a lavorare a una nuova serie di Contrasti che però è andata perduta a causa dei bombardamenti che colpirono Cagliari e dei quali rimase vittima Tarquinio Sini stesso nel febbraio del 1943.

Foiso Fois

FOISO FOIS (Iglesias 1916-Cagliari 1984) è stato un pittore, saggista e critico d’arte. Cresciuto a Cagliari, dopo un breve periodo in Toscana, nel 1939 si iscrisse alla facoltà di Economia, ma dopo poco, a causa della guerra, si trasferì a Firenze, dove entrò in contatto con l’ambiente artistico e definì il suo interesse per la pittura. Nel 1942, dopo essersi laureato, si spostò nel biellese ed entrò a far parte delle brigate partigiane. Durante la guerra nel 1944 fu arrestato dai nazisti e rilasciato dopo poco tenne la sua prima personale a Biella durante la quale conobbe L. Boffa Tarlatta che lo convinse ad iscriversi all’Accademia. Il 1949 segnò un punto di svolta con la mostra presso la Galleria Della Maria, grazie a una pittura innovativa, con suggestioni espressioniste e combinata ad accenti neorealisti. Negli anni ’40 e ’50 l’arte pittorica di Fois raggiunse la sua maturità coniugando espressionismo e neorealismo. Partecipò a mostre nazionali ed internazionali, aggiudicandosi tra i vari premi nel 1951 il Premio Suzzara. Tra il 1957 e il 1958 il pittore progetta un trittico ispirato al tema “La Sardegna verso l’Autonomia”; in realtà soltanto due tele verranno effettivamente realizzate: Eleonora d’Arborea e La rivoluzione di Giommaria Angioj, entrambe conservate presso la Presidenza della Regione Sardegna. Negli anni ’60 l’equilibrio raggiunto nelle opere degli anni ‘50 si incrina definitivamente, lasciando riaffiorare le pulsioni espressioniste che a volte, soprattutto dalla fine degli anni ‘60, si manifesteranno con inedita aggressività. Negli stessi anni affiancò l’attività didattica a quella pittorica, divenendo prima direttore del Liceo Artistico a Cagliari, poi titolare della cattedra di Discpline Pittoriche e preside. Nell’ultimo periodo della sua attività pittorica l’interesse per la natura sembrò dominare con paesaggi, fiori e piante dell’ambiente mediterraneo. Due personali a Cagliari chiudono il suo percorso espositivo nel 1981 prima della sua morte avvenuta nel 1984.

Eugenio Tavolara

EUGENIO TAVOLARA (Sassari 1911-1963) è stato scultore, incisore, ceramista, illustratore e designer. A partire dal 1919 decise di dedicarsi prevalentemente all’arte decorativa, creando dei pupazzi, insieme a Tosino Anfossi, raffiguranti pastori e contadini sardi che nel 1925 ottennero, all’Esposizione internazionale di Parigi, una medaglia d’oro e larghe segnalazioni da parte della critica. Negli anni ’30 creò diversi pupazzi inspirandosi ai temi delle decorazioni tradizionali e propose produzioni artigianali creando egli stesso dei disegni originali. Fra i suoi soggetti vi erano, oltre a figurine in costume tradizionale sardo, anche clowns, musicisti jazz, animali e personaggi delle fiabe. Nel 1933 espose alla Triennale di Milano i suoi pupazzi di legno rivestiti di stoffa, e nel 1936 entrò a far parte del corpo docenti dell’Istituto d’Arte di Sassari. Tra i vari lavori che realizzò negli anni ’40 possiamo ricordare quello realizzato per la corte d’Assise del palazzo di giustizia di Sassari. Per la sua intensa ed originale attività creativa la città di Sassari gli intitolò il Padiglione per l’Artigianato costruito per l’ISOLA (Istituto Sardo Organizzazione Lavoro Artigianale) su progetto dell’architetto Ubaldo Badas. Nel 1957 la direzione dell’ISOLA fu affidata agli stessi Eugenio Tavolara e Ubaldo Badas e la partecipazione alla Triennale di Milano portò alla vittoria della medaglia d’oro, che ottennero anche nel 1959 e nel 1960 alla Mostra dell’Artigianato di Firenze. Durante questi anni la produzione ISOLA, la cui maggior parte dei pezzi era di Tavolara, circolò in campo internazionale arrivando al Sminthsonian Institute. Nel 1962 gli venne diagnosticato un tumore e dopo la sua ultima opera, la facciata del Palazzo dell’ENEL a Cagliari, morì l’anno successivo a Sassari.

Giuseppe Biasi

GIUSEPPE BIASI (Sassari 1885-Andorno Micca 1945) è stato una delle figure più importanti della pittura sarda del XX secolo. Fu autodidatta e iniziò a soli sedici anni a pubblicare come illustratore prima nei fogli umoristici sassaresi, poi dal 1904, durante un periodo a Roma, come collaboratore de “L’Avanti della domenica” e “L’Italie”. Tornato in Sardegna si dedicò agli studi in legge e inaugurò la sua prima mostra personale. Tra il 1906 e il 1910 lavorò per il “Giornalino della Domenica” e altre riviste, e partecipò alla Biennale di Venezia nel 1909. Divenne in quegli anni fulcro del “Cenacolo” sassarese di artisti e intellettuali e cominciò a farsi conoscere sulla scena nazionale, grazie anche alla partecipazione alla I e alla II Secessione romana. Nel 1915 fu chiamato alle armi, ma l’anno successivo, a causa di una ferita, rimpatriò e si trasferì a Milano dove riscosse un certo successo nell’ambiente artistico anche grazie a una pittura che si fece sempre più poetica e innovatrice. Il 1920 fu l’anno in cui Biasi ottenne il premio dell’Opera Nazionale Combattenti alla Biennale di Venezia e tra il 1924 e il 1926 soggiornò in Tripolitania, Cirenaica ed Egitto. Nel 1927 fece ritorno in patria e continuò ad esporre. Nei primi anni ’30 pubblicò due coraggiosi pamphlet contro il sistema dell’arte italiano e lavorò alla Villa Argentina di Viareggio e alla Stazione Ferroviaria di Tempio. All’inizio del decennio successivo la sua arte si spostò verso esiti realistici e, pressato dalle difficoltà economiche e dalla guerra, nel 1942 si trasferì a Biella dove riscosse un certo successo nel 1944 con la sua ultima personale. L’anno seguente, nel 1945, fu accusato di spionaggio, e arrestato, e durante il trasferimento da un carcere all’altro rimase ucciso.

I nuovi titoli di Bibliotheca Sarda

Bibliotheca Sarda quest’anno giunge a 158 titoli, un numero significativo per la prestigiosa collana che ha esordito nel 1996.
I due ultimi “freschi di stampa” appartengono al genere letterario-poetico uno, e a quello storico l’altro.

L’Antologia dei poeti dialettali nuoresi comprende un vasto corpus di opere, raccolte da Gonario Pinna, riferite ai maggiori poeti nuoresi vissuti tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima metà del Novecento. Tale raccolta risulta un interessante documento che permette di osservare le dinamiche evolutive della nostra storia linguistico-letteraria regionale. La cura e la prefazione del volume è di Duilio Caocci.

La Descrizione dell’isola di Sardegna dell’Anonimo Piemontese, invece, restituisce al lettore il fascino della Sardegna della fine del Settecento attraverso un’attenta e sincera Storia della nostra isola.
Il volume è curato da Francesco Manconi, professore di Storia moderna recentemente scomparso, che ha collaborato con la Ilisso fin dagli anni Novanta mettendo a disposizione dei lettori la sua competenza e la sua passione per la ricerca. La casa editrice, nel ricordarlo con stima e affetto, esprime profonda riconoscenza all’uomo e allo studioso.

Filippo Figari

FILIPPO FIGARI (Cagliari 1885-Roma 1973) nato a Cagliari, trascorse l’infanzia a Sassari con la famiglia dove strinse amicizia con Giuseppe Biasi e Mario Paglietti, suo primo maestro. Rientrato nella città natale, dove si diplomò, espose le sue caricature in una mostra con Felice Melis Marini. Nel 1904 si trasferì a Roma, dove realizzò numerose caricature per il quotidiano “La Patria” e “L’Avanti della Domenica”. Studiò presso l’Accademia di Francia e si trasferì prima a Venezia, poi a Monaco per completare la sua formazione. Al 1909 risale la sua prima personale a Cagliari, dove ottenne l’incarico di decorare la Sala dei Matrimoni del nuovo Palazzo Civico di Cagliari. Combattè nella prima guerra mondiale, per la quale fu insignito di una medaglia di bronzo al valore e cadde prigioniero degli austriaci. Nel dopoguerra si avvicinò di nuovo all’arte grafica, ricevendo diversi incarichi privati e pubblici. Negli anni ’30 partecipò a varie mostre, tra le quali la Prima Mostra del Sindacato Regionale Fascista e nel 1931 la Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma, dove una sua opera, La Vendemmia, venne acquistata da Vittorio Emanuele III. Nel 1935 venne nominato direttore della Scuola d’Arte di Sassari. La III Quadriennale di Roma fu l’ultima rassegna prima degli eventi bellici cui l’artista prende parte. Nel 1951 partecipò alla VI Mostra Internazionale d’Arte Sacra di Roma; dopo le vetrate per il Duomo (1951) e per la Chiesa di Santa Caterina (1954) a Sassari, tra il 1954 e il 1957 completò i lavori sulla Cattedrale di Cagliari, dipingendo sulla navata la grande tela con la storia della fede sarda. Nel 1958 lasciò la direzione dell’ Istituto d’Arte e si trasferì a Roma mantenendo i contatti con la sua isola, dove nel 1965 progettò il mosaico per la Chiesa di Santa Maria Goretti di Sant’ Antioco. Morì a Roma nel 1973.

Aligi Sassu

ALIGI SASSU (Milano 1912- Pollença 2000) pittore e scultore, fu introdotto nel mondo artistico dal padre, legato da una forte amicizia con Carlo Carrà, all’età di sette anni. Ebbe una carriera estremamente precoce, nel 1927 espose in una galleria milanese e a sedici anni alla Biennale di Venezia. Si avvicinò presto alle avanguardie futuriste, firmando nel 1928 il Manifesto della pittura “dinamismo e riforma muscolare” dove si teorizzava la ricerca di forme nuove, dinamiche e antinaturalistiche. Fu in occasione della sua mostra milanese del 1930 che si delineò il superamento del futurismo e un avvicinamento al gusto dei primitivi, con nuove figure e tematiche della città e periferia industriale. Risiedette alcuni mesi a Parigi dove studiò a fondo Cezanne e Delacroix e al suo ritorno, dal 1935 circa, rafforzò i suoi ideali politici antifascisti e solo nel 1941 riuscì di nuovo ad esporre. Tra il 1947 e il 1950 visse a Varese, dedicandosi prevalentemente alla ceramica. Tornato in Sardegna dipinse soprattutto paesaggi e si avvicinò ai muralisti. Negli anni ’60 si trasferì in Spagna dove iniziò una pittura incentrata su personaggi mitologici e sperimentazioni con colori acrilici sempre più accesi. Negli anni ’80 espose in molte città italiane, europee e americane, creando tavole per la Divina Commedia. Nel 1996 donò 356 sue opere alla città di Lugano dove poi è nata la Fondazione Aligi Sassu e Selenita Olivares. Nel 2000, all’età di ottantotto anni morì nel giorno del suo compleanno.

Mauro Manca

MAURO MANCA (Cagliari 1913-1969) di origini sassaresi, dopo un periodo a Venezia visse e studiò a Sassari. Nel 1934 frequentò, seppur sporadicamente, la Scuola di Incisione diretta da Dessy ed iniziò presto ad esporre. Nel 1936 si laureò in Giurisprudenza e fu ammesso alla Mostra d’Arte dei Littoriali di Venezia, continuando ad esporre a Sassari. Nel 1938 si trasferì con la famiglia a Roma dove frequentò Marinetti, Severini e fu attivo nel GUF. Durante la guerra fu arruolato e tornò in Sardegna, a Sassari, dove insegnò, espose e mostrò una certa svolta espressionista. Dopo la guerra fece ritorno a Roma, riprendendo i legami intrattenuti precedentemente e suscitando a volte grandi polemiche per la sua produzione. Dopo aver lavorato un breve periodo al Ministero della Guerra, alla fine del 1949 vinse il premio della Fondazione Umiastowska. Gli anni ’50 furono segnati da una ripresa della sperimentazione e un avvicinamento al metafisico surreale. Ottenne dalla Soprintendenza incarichi di restauro, la realizzazione delle scenografie del film La maschera nera e assunse la direzione di una galleria privata, L’Aureliana. Alla fine degli anni ’50 sostituì a sperimentazioni astrattiste una figurazione stilizzata, con ispirazioni alla civiltà nuragica. In questi anni si dedicò prevalentemente a progetti grafici per riviste ed enti, nel 1957 si aggiudicò il Premio Sardegna alla Biennale di Nuoro con L’ombra del mare sulla collina ed espose alla Rome-New York Art Foundation. Nel 1959 tornò nell’isola a dirigere l’Istituto d’Arte di Sassari e si impegnò nella riorganizzazione dell’arte isolana attraverso varie iniziative, collaborando con l’ISOLA. Nel febbraio del 1969 morì a seguito di una malattia.

Carmelo Floris

CARMELO FLORIS (Bono 1891-Nuoro 1960) trascorse parte dell’infanzia presso lo zio dove conobbe Biasi, poi si trasferì a Nuoro con la madre, vedova, e lì frequentò il ginnasio. Nel 1909 partì per Roma dove studio presso l’Accademia delle Belle Arti, abitando con l’artista Melkiorre Melis. Tra il 1915 e il 1918 fu arruolato nella Brigata Sassari con la quale vinse la Medaglia d’Argento al valor militare e, rimpatriato, aderì al Partito Sardo d’Azione. Negli anni ’20 lavorò in collaborazione con alcune riviste ed espose alla I Biennale di Roma, alla Mostra d’Arte Sarda e nel 1926 al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Dal 1925 insegnò disegno alla Scuola di Arti Applicate di Oristano e nel 1936 realizzò la sua prima mostra personale a Sassari. Alla fne del 1938, di ritorno da un viaggio da Parigi dove abitava Emilio Lussu, fu arrestato perché in possesso di materiale propagandistico del movimento “Giustizia e Libertà” e mandato nelle Tremiti, poi a Foggia e poi a Monreale d’Abbruzzo, dove nel 1942 lo raggiunse l’amnistia. Nel 1948 realizzò il grande trittico per la sala consiliare del municipio di Iglesias e nel 1953-54 lavorò con Ciusa Romagna alla Via Crucis per la Cattedrale di Nuoro. Negli anni ’50 espose in molte mostre personali, a Roma, Viareggio, Cagliari e Firenze. Nel 1960 fu ricoverato a Nuoro dove morì dopo poco tempo.

Francesco Ciusa

FRANCESCO CIUSA (Nuoro 1883-Cagliari 1949) rimasto orfano da piccolo ottenne una borsa di studio grazie alla quale si formò presso l’Accademia di Firenze. Nel 1904, a Sassari, frequentò il poeta Salvatore Ruju, Sebastiano Satta, Giannetto Masala e Giuseppe Biasi e l’anno successivo modellò la famosa opera La madre dell’ucciso, esposta nel 1907 a Venezia vincendo il Premio Internazionale per la scultura. Nel 1908 si trasferì a Cagliari, si sposò e diede avvio al periodo più fervido della sua attività artistica, realizzando opere per la Sala dei Consiglieri del Palazzo Civico di Cagliari e la Basilica di Bonaria. Durante la prima guerra mondiale si dedicò ad opere minori e illustrazioni e nel 1919, spinto da necessità economiche, lavorò la ceramica, fondando a Cagliari la manifattura SPICA, che chiuse poi nel 1925 per dirigere la Scuola d’Arte Applicata di Oristano. Nel 1923 espose La cena dei morti e ricevette il Premio D’Onore per le sue ceramiche. Durante gli anni ’20 proseguì la realizzazione di opere su commissione per vari comuni dell’isola e privati. Nel 1934 modellò un busto per Mussolini e altre opere a carattere ufficiale ed espose presso la Galleria comunale di Cagliari. Alla fine degli anni ’30 si dedicò alla stesura di appunti autobiografici e realizzò il gruppo marmoreo per la Basilica di Bonaria di Cagliari La Madonna del Combattente e una delle sue ultime importanti opere Il fromboliere. Tra il 1943 e il 1945 i bombardamenti su Cagliari distrussero il suo studio e le opere presenti. Nel 1949 morì dopo una lunga malattia.