Antonio Atza

ANTONIO ATZA (Bauladu 1925-Bosa 2009) inziò presto a dipingere e dopo il ginnasio frequentò l’istituto d’arte di Sassari seguendo gli insegnamenti di Dessy, Fara e Figari. Completati gli studi si dedicò all’insegnamento e alla ricerca artistica. Le prime opere furono ritratti di personaggi di Bosa, dove trascorse parte dell’infanzia. Nel 1957, in occasione della prima edizione del Premio Sardegna, strinse amicizia con Mauro Manca, a cui si deve l’introduzione di molte novità artistiche nell’isola. L’anno successivo fu creata l’associazione Studio 58  con la quale Atza entrò in contatto. Sempre al 1958 risale la sua prima opera futurista, l’Autoritratto, ma già l’anno seguente i suoi dipinti a soggetto ferroviario si avvicinano allo stile neorealista. Nel 1960 in occasione di una mostra allestita da Studio 58 Atza espose le Sabbie, serie di polimaterici su tela; allo stesso anno risalgono Blues, serie di opere astratte in cui compaiono delle simbologie assimilabili al mare e al sogno. La sua ricerca artistica si aprì alle esperienze della pop art creando linguaggi innovativi e surreali con l’utilizzo di plastiche colorate. Negli anni ’70 si dedicò a paesaggi classicheggianti e surreali come Modificazioni e Rifugi per gabbiani. È considerato uno di pittori più rappresentativi della pittura contemporanea sarda.

Marco Manotta

MARCO MANOTTA insegna letteratura italiana contemporanea presso l’Università degli studi di Sassari. Di formazione bolognese e fiorentina (maestri Guido Guglielmni e Domenico De Robertis), ha pubblicato i volumi Luigi Pirandello (1998), Leopardi. La retorica e lo stile (1998) e La lirica e le idee. Percorsi critici da Baudelaire a Zanzotto (2004). Si è dedicato allo studio di temi del classicismo e di poesia moderna e contemporanea. Negli ultimi anni i sui interessi si sono allargati al settore della narrativa, con studi su Alvaro, Manganelli, Seminara e Brancati, e nella narrativa sarda ha prestato particolare attenzione a Satta, Lussu, Angioni, Mannuzzu e Pira. Infine ha collaborato e collabora tuttora a diverse riviste come “Studi italiani”, “Per leggere”, “Il verri”, “Moderna”, “Semicerchio”.

Grazia Deledda

GRAZIA DELEDDA (Nuoro 1871-Roma 1936), segnata dalla determinante influenza della sua famiglia «un po’ paesana e un po’ borghese», e dalla comunità agro-pastorale del natio borgo barbaricino, frequentò le scuole fino alla quarta elementare per poi dedicarsi ad una appassionata e proficua esperienza di “lettrice autodidatta”. Appena diciassettenne, iniziò a collaborare con le più importanti riviste e periodici dell’epoca. L’11 gennaio del 1900 si sposò con Felice Madesani e, qualche mese dopo, si trasferì a Roma. Nel 1927, il 10 di dicembre, l’Accademia Svedese le conferì il Premio Nobel per la letteratura per l’anno 1926. È considerata una delle più grandi scrittrici del ’900, la cui sterminata produzione letteraria è formata da innumerevoli racconti, romanzi, prove teatrali e da oltre quattrocento testi novellistici.